Circa due anni fa Poste Italiane raccolsero circa 800 milioni di euro attraverso l’emissione di obbligazioni perpetue (ISIN: XS2353073161).
Il Titolo di Poste Italiane è un’obbligazione che, come da definizione, non prevede scadenza. L’investitore può in teoria rimanere investito a lungo termine senza ricevere indietro il capitale.
Il bond che offre una cedola annuale pari all’1,94% netto, ha come suggerisce il nome, non ha alcuna scadenza prefissata. L’emittente premia i sottoscrittori con una cifra in grado di compensare l’obbiettivo di inflazione minimo fissato nell’eurozona. Un premio modesto, un emittente di grande garanzia che ha fissato comunque la possibilità di esercitare il rimborso del titolo: tre cosiddette date di reset di riavere il capitale maturato al netto degli interessi.
Mentre la BCE ha rispettato le previsioni alzando i tassi di interesse e confermando la riduzione del bilancio annunciata a dicembre Poste Italiane non consente ai sottoscrittori del bond attualmente di acquisire il vantaggio degli interessi rispetto agli altri titoli concorrenti sul mercato.
Le date di reset sono infatti calendarizzate per il 24 giugno 2029, il 24 giugno 2034 e il 24 giugno 2049. A confermare la possibilità dovrà comunque essere la società comprensivamente in base alle necessità finanziarie del momento.
Mentre il rendimento del BTP decennale si mantiene intorno al 4% annuo lordo lo spread tra BTp e Bund a 10 anni è una delle variabili che farà la differenza anche nel futuro sulla domanda di rimborso degli investitori. Chi ha prospettato nel 2020 una valutazione a lunghissimo termine del capitale ha messo in conto l’inflazione e l’instabilità economica. Naturalmente non si può prevedere quali saranno le variazioni straordinarie di questi due fattori.
L’inflazione resta altissima, ma il trend è positivo; questo non significa che le condizioni monetarie di per sé diverranno più favorevoli dalla seconda parte di quest’anno.
Nel frattempo, tra circa sei anni da oggi. Le obbligazioni Poste potranno essere rimborsate o continuare a offrire una cedola ai possessori. Tuttavia, in occasione di quella data quest’ultima passerebbe da fissa a variabile. Si tratta di una valutazione sulla base dell’attuale tasso IRS a 5 anni del 2,74%; così la cedola dal 24 giugno 2029 salirebbe al 5,421%.
Non è possibile valutare la bontà del rendimento che oggi sembra ottimo: le condizioni di mercato future rimangono imprevedibili. Ciò che accadrà nel 2029 potrebbe sempre essere analogo a quanto già avvenuto di recente.
La scadenza “callable” è evidentemente molto inferiore al tasso cedolare che virtualmente oggi offrirebbe il bond perpetuo dal giugno 2029. Il premio fissato oggi è dimezzato rispetto a quello che la società dovrebbe elargire per il caso di mancato rimborso alla prima data di reset.
Per questo motivo se le condizioni di mercato restassero quelle di oggi, Poste avrebbe convenienza tra sei anni e quattro mesi a rimborsare le obbligazioni senza scadenza.
Considerate che il BTp 15 giugno 2029, cioè della medesima durata delle obbligazioni di Poste nel caso di rimborso all’ultima data fissata rende attualmente il 3,40%. L’obbligazione di Poste Italiane offrirebbe un premio di ben 4 punti percentuali maggiore del Titolo di Stato. Una differenza altissima, se si pensa che Poste Italiane è una società partecipata dallo Stato e perciò intrinsecamente legata all’economia italiana.
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