Sul fronte delle pensioni il governo Meloni vorrebbe, su proposta della Lega, un emendamento al cosiddetto decreto Milleproroghe in modo da dare la possibilità al personale sanitario di rimanere al lavoro fino all’età di 72 anni.
Certamente non è una soluzione utile ma un tampone, rimanendo in cuor di metafora, per posticipare l’esito inevitabile di una grave situazione che si trascina da decenni.
L’esecutivo attuale prova a mettere una pezza coinvolgendo tutto il personale sanitario.
Il Covid ha messo in luce il grave deficit del sistema. Le responsabilità degli ultimi governi per i gravi rimedi liberticidi contro i contagi sono molte. In 10 anni in Italia sono stati chiusi 111 ospedali e 13 pronto soccorso. Non solo, anche il personale si è ridotto; rispetto al 2012 ci sono 29 mila medici in meno. Il pensionamento anticipato porterà nei prossimi cinque anni ulteriori 41 mila medici a lasciare le proprie responsabilità in ambito sanitario.
Trovare un medico di base diventa quasi impossibile in alcune zone d’Italia e i pronto soccorso sono al collasso. Tra ospedale e territorio, mancano più di 20 mila medici, 4.500 nei pronto soccorso, 10 mila nei reparti ospedalieri, 6 mila medici di medicina generale. Se ne è parlato molto negli ultimi giorni.
La politica ne invece trattato pochissimo considerando l’emergenza di un settore pilastro di una società moderna, ci si domanda se sia un problema impossibile da risolvere senza aiuti esterni. La natura del deficit di personale e strutture potrebbe infatti essere compensata da nuove risorse economiche?
Sembra questo il nodo centrale, intanto l’intervento di emendamento sulle pensioni per il personale sanitario cerca di spostare il problema. In Italia il rapporto tra lavoratori e pensionati è in costante calo per il basso numero di nuovi nati. Se oggi è all’1,4, fra cinque anni arriverà a 1,3 per toccare 1 nel 2050: significa che ogni lavoratore dovrebbe mantenere un pensionato.
Se nel 2022 il bilancio INPS era positivo per 1,8, oggi rispetto allo scorso anno c’è uno scostamento stimato di 11,5 miliardi. Già oggi per i nati tra il 1965 e il 1980, secondo le stime del l’INPS ci sarà una pensione di appena 750 euro al mese. Il calcolo si riferisce ai contribuenti con un salario di 9 euro all’ora circa e versamenti contributivi trentennali.
È quindi un sistema che sta agendo semplicemente sul compromesso accettando condizioni sempre peggiori fino a quando non sarà costretto a chiedere aiuto all’Ue arrivando a un punto di rottura.
A essere interessati sarebbero, secondo una scelta volontaria il personale medico ospedaliero, compresi anche i docenti universitari e i medici dell’Inps e dell’Inail. Nell’emendamento si può leggere che è consentito “l’esercizio temporaneo delle qualifiche professionali sanitarie e della qualifica di operatore sociosanitario, in deroga alle norme sul riconoscimento delle qualifiche professionali.”
Ma perché il governo Meloni insiste sulle pensioni a 72 anni? La sanità italiana è al collasso ma il governo Meloni non sembra intenzionato e non può evidentemente affrontarla con i giusti strumenti. L’esecutivo sta cercando di affrontare l’emergenza senza spendere nulla.
In parole povere il governo cerca di alzare l’età pensionistica di medici e personale sanitario, in modo da rinviare il momento in cui un gran numero di medici e personale non sarà più disponibile. In secondo luogo, si dà la possibilità alle ASL di assumere medici al terzo anno di specializzazione con contratti a tempo determinato.
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