Il congedo parentale è riconosciuto, in forme diverse, tanto per i dipendenti quanto per gli autonomi. Con diritto garantito al frazionamento.
Se è vero che la Legge 104 garantisce la stragrande maggioranza delle agevolazioni connesse a uno stato di disabilità (proporzionate al grado di invalidità riconosciuto), è vero pure che esistono altri passaggi legislativi che si pongono il medesimo obiettivo.
È il caso del D. Lgs. 151/2001, nel quale sono regolati i criteri di accesso e concessione del cosiddetto “congedo parentale”. Indennità riconosciuta a quei lavoratori che, nel proprio stato di famiglia, presentino un parente fiscalmente a carico bisognoso di cure continuative. Una casistica che poggia sulla connotazione di “straordinaria”, vista la natura emergenziale della richiesta. L’assenza dal lavoro sarà concessa fino a un massimo di 24 mesi, anche non continuativi, contraddistinti a ogni modo dal mantenimento della percezione del proprio stipendio. Chiaramente, al momento della richiesta di un congedo parentale, starà al lavoratore valutarne la durata, tenendo presente la possibilità di frazionare il proprio diritto non solo solo in giorni o settimane ma addirittura a ore. Conteggi che riguardano i casi specifici. A tal proposito, è bene ricordare che nell’ambito del congedo saranno conteggiati anche i giorni di riposo previsti per il lavoratore, inclusi i festivi.
Attenzione però, perché la disciplina del suddetto Decreto legislativo prevede la possibilità di usufruire dell’indennità anche in un’ottica diversa dall’assistenza al familiare disabile. Il lavoratore, infatti, può richiedere il congedo parentale al fine di tutelare i bisogni affettivi o relazionali. In sostanza, qualora il potenziale richiedente svolgesse un lavoro particolarmente esigente in termini di impegno giornaliero, avrà la facoltà di fruire di un periodo d’assenza compreso tra 10 e 11 mesi, finalizzato a un periodo di coltivazione dei rapporti familiari.
Ai sensi del D. Lgs. 151, però, il congedo sarà riconosciuto unicamente in presenza di figli minorenni e non oltre i primi anni 12 anni di vita. Anche in questo caso, il lavoratore avrà l’opportunità di frazionare il proprio periodo di congedo parentale. Un aspetto della legge che, in realtà, in passato aveva fatto discutere, rendendo la variabile della ripartizione dei periodi di assenza un passaggio poco definito. Almeno fino qualche anno fa.
Congedo parentale e frazionamento: il parere dei giudici
In caso il lavoratore avesse una prole più numerosa, la Legge prevede la possibilità di godere di un congedo pari a tre mesi per ogni figlio. La facoltà di richiederlo, tuttavia, varia a seconda della tipologia di lavoro svolto. Se per i dipendenti con contratto regolare ai sensi dei Ccnl di riferimento (indipendentemente dalla durata) l’inquadramento manterrà i parametri generali (richiesta possibile entro il dodicesimo anno dei figli), per gli autonomi la possibilità di richiesta non potrà andare oltre il primo anno.
Il limite di età, secondo quanto previsto dal Decreto conciliazione vita-lavoro, è stato portato in parità con il limite che concede il riconoscimento della retribuzione per il periodo indennizzato. Il requisito dell’età sarà valido anche in caso di adozioni o affidamenti. E, nei medesimi casi, varrà anche il diritto di ripartizione, che consente la fruizione del congedo a ore oppure a giorni, oltre che a mesi. Un tema che, come detto, ha negli anni incontrato qualche chiazza d’olio, rendendo necessario un pronunciamento da parte dei giudici della Corte di Cassazione.
Dipendenti e indennizzati
La sentenza, la n. 15663 del 22 luglio 2020, ha fissato i termini entro i quali il lavoratore può astenersi dal lavoro in periodi differenti, quindi in modo frazionato oppure a ore. La Corte ha stabilito che, al fine del calcolo dei giorni di congedo, anche un solo giorno di stacco (ossia di ritorno al lavoro) tra un periodo e l’altro significherà l’interruzione della fruizione dell’indennità. Questo significa che il beneficio fruito in modo continuativo potrebbe risultare tanto vantaggioso quanto esattamente l’opposto.
Il frazionamento, invece, permette la gestione del beneficio in momenti diversi entro confini temporali definiti più prossimi. Ad esempio, la richiesta di una settimana di congedo corrisponderebbe a un’assenza dal lavoro dal lunedì al venerdì, con rientro in servizio al termine dei giorni di riposo già previsti (ossia il sabato e la domenica), quindi il lunedì. In tal modo, i giorni conteggiati resteranno 5, con il plus dei due del weekend che porteranno il bilancio a 7 continuativi.
A tal proposito, va fatta un’opportuna distinzione tra la durata massima del congedo concessa e quella indennizzata dall’Inps. I mesi complessivi indennizzati sono ripartiti nel seguente modo:
- 3 mesi indennizzati non trasferibili a favore di ognuno dei genitori;
- 3 mesi ulteriori utilizzabili da uno dei due.
Per quel che riguarda il congedo per i dipendenti, in caso di richiesta congiunta i periodo sarà pari a 10 mesi effettivi, 11 nel caso in cui un genitore (in questo caso il padre) eserciti il diritto del periodo continuativo o frazionato al di sotto dei 3 mesi. I permessi indennizzati dall’Inps saranno in ogni caso 9.