Opzione Donna è stata mantenuta nel 2023. Tuttavia, il taglio all’assegno resta. Il meccanismo dell’anticipo costringe a una riflessione.
La Legge di Bilancio non ha fissato un punto definitivo sull’affare pensioni. Anzi, i provvedimenti approvati, confermati o prorogati, restano misure ponte, provvisorie, in attesa di una riforma più strutturata.
Il nodo massimo da sciogliere per il Governo. Le discussioni con i sindacati di categoria sono iniziate da tempo ma riuscire ad arrivare a dama potrebbe essere piuttosto complesso. E in un certo senso c’era da aspettarselo, visto che le soluzioni pensate per fornire ai contribuenti un adeguato sistema pensionistico generale richiede innanzitutto risorse. E racimolare quelle necessarie alla Quota 41 come meccanismo principe è impresa ardua, a meno che i finanziamenti necessari non arrivino da qualche sorgente di risparmio. A ogni modo, in attesa che Governo e sindacati vengano fuori dall’impasse (e chissà se sarà possibile prima della nuova Legge di Bilancio), i contribuenti dovranno fare affidamento sugli strumenti disponibili al momento, da Quota 103 ai meccanismi di pensionamento anticipato. Per le lavoratrici, chiaramente, si parla di Opzione Donna, anticipo sulla pensione di vecchiaia che combina piano anagrafico e contributivo.
Inizialmente candidata alla rimozione, Opzione Donna è stata prorogata per un ulteriore anno, anche se nelle ultime settimane, in sede di Governo, è stata più volte ipotizzata una revisione del meccanismo, ritenuto insoddisfacente in relazione ai parametri attuali. Anche perché, pur a fronte di una concessione in termini di prossimità dell’età pensionabile, nel momento in cui si opta per la pensione a 58 anni con 35 di contributi maturati (nel migliore dei casi), toccherà fare i conti con una penalizzazione pari a circa il 30% sull’importo pensionistico. Un fattore di instabilità che, in queste settimane, è stato più volte citato come principale elemento di criticità per quel che riguarda Opzione Donna, misura peraltro profondamente rivisitata in Manovra, riducendo di molto il ventaglio delle possibili beneficiarie.
Non è un mistero che la chiusura anticipata della propria attività lavorativa possa in qualche modo costare in termini di importi percepiti. Del resto, la stessa Legge Fornero, nel 2011, aveva fissato i limiti per il pensionamento sulla base della mera età anagrafica, creando i presupposti per una criticità relativa a tutti coloro che, avendo accumulato un certo numero di annualità di contribuzione, avrebbero teoricamente maturato i requisiti giusti per la pensione ben prima dell’età fissata come limite obbligatorio. Negli anni, gli strumenti di pensionamento anticipato hanno consentito di ovviare al problema, anche durante l’interregno di Quota 100, senza tuttavia garantire in ogni caso l’importo pieno.
Il caso di Opzione Donna, in questo senso, è piuttosto emblematico. Nel 2023, con la modifica dei requisiti d’accesso, alle lavoratrici è concesso il pensionamento anticipato al compimento dei 60 anni (59 in caso di presenza di un figlio, 58 se la prole fosse più numerosa), mantenendo invariato il requisito contributivo dei 35 anni. Con i paletti obbligatori dell’appartenenza a una delle seguenti categorie:
Una revisione del quadro di accesso che, chiaramente, ha ridotto il raggio d’azione della misura. Tanto che, nei giorni scorsi, la ministra del Lavoro, Marina Calderone, ha annunciato un nuovo tavolo con i rappresentanti delle sigle sindacali per discutere una riforma strutturale di Opzione Donna nel breve periodo. L’obiettivo, ampliare la platea delle potenziali beneficiarie e risolvere, almeno nell’immediato, il problema dei requisiti stretti. A lungo termine, lo scenario potrebbe modificarsi ulteriormente, visto che un eventuale allargamento richiederebbe l’impiego di ulteriori risorse da destinare alle lavoratrici pensionande. Va inoltre ricordato che, a prescindere dalle riforme passate o future, la pensione sarebbe colpita da un taglio nell’ordine del 20-30%. Questo in virtù del calcolo obbligatorio dell’assegno sulla base del sistema contributivo. Altro elemento di valutazione sul futuro della misura. Sempre che le discussioni fra Palazzo Chigi e sindacati portino a una riforma strutturata del sistema complessivo.
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