Gli effetti della Legge Dini restano validi anche nel 2023. L’accesso alla pensione anticipata, però, è da valutare in base ai requisiti maturati.
È sempre un tema caldo quello delle pensioni. E non solo per l’assenza, tuttora, di un sistema strutturato in grado di rimpiazzare totalmente Quota 100 ed evitare i continui richiami alla Legge Fornero.
Al momento, accanto a Quota 103, vigono diversi strumenti validi per il pensionamento anticipato. La maggior parte di quali ben noti in quanto rinnovati con l’ultima Legge di Bilancio. Tuttavia, dal momento che il comparto pensioni presenta diverse sfaccettature, alcune delle quali non note nemmeno a coloro che, potenzialmente, potrebbero beneficiarne, è opportuno fare alcuni distinguo. Il meccanismo principale attualmente a disposizione dei pensionandi consente di lasciare il lavoro dopo aver maturato 41 anni di contribuzione e compiuto il sessantaduesimo anno di età. Un paio di step in più rispetto a quelli previsti da Quota 100. Si tratta comunque di un sistema ponte, destinato a esaurirsi con il 2023. La prospettiva è il rimpiazzo, almeno in teoria, da un meccanismo in grado di accontentare perlomeno la maggior parte dei contribuenti ordinari. Come detto, però, in attesa delle novità previste per il 2024, i pensionandi attuali dovranno contare sugli strumenti paralleli destinati all’anticipo.
Accanto a quelli ordinari, tuttavia, vanno tenuti in considerazione alcuni meccanismi pensati appositamente per alcune categorie di lavoratori. Le quali potranno accedere alla pensione facendo leva su determinati requisiti, maturabili a seconda dell’inizio del proprio periodo di contribuzione. Ad esempio, non tutti sanno che, a precise condizioni, restano attivi i dettami della Legge 335/19995, meglio nota come Legge Dini, che permette il pensionamento anticipato a 64 anni di età grazie all’opzione al contributivo. Il riferimento è a coloro con parte della contribuzione versata in periodi antecedenti al 1996 ma, comunque, con un complesso di contributi riconosciuti inferiori a 18 anni al 31 dicembre 1995. Altrettanto vale per chi avesse maturato 15 anni di contributi complessivi, 5 dei quali dopo l’1 gennaio 1996.
Una condizione base per l’accesso al quadro della Legge Dini è legata all’ammontare dell’assegno maturato. Nella fattispecie, l’importo dovrà risultare perlomeno pari a 2,8 volte l’assegno minimo (1.600 euro circa). Una deroga è concessa anche a coloro che hanno maturato versamenti nell’ambito della gestione separata. In questo caso, basterà un mese. In base a quanto previsto per il 2023, aver maturato una pensione pari a 1.600 euro lordi al mese consentirà l’accesso all’anticipo. Va tuttavia ricordato che, nel caso in cui il contribuente optasse per il pensionamento secondo tale strategia, il calcolo applicato sarà esclusivamente quello contributivo.
Non sarà quindi concessa l’opportunità di bilanciare con il sistema retributivo, pur valido per i contributi maturati prima del 1996. Il che, in buona sostanza, impone una valutazione sull’effettiva convenienza del sistema. In questo senso, occorre tener presente che, per l’accesso alla Legge Dini, si richiederà la maturazione perlomeno di un minimo di 15 anni complessivi di contribuzione.
Qualora il contribuente avesse quindi avuto la possibilità di versare contributi precedentemente all’avvio del sistema contributivo, potrà quindi rientrare nel pensionamento anticipato a 64 anni, a patto che i versamenti effettuati corrispondano perlomeno a 15 anni. Il meccanismo è quindi destinato prettamente a coloro con uno storico contributivo risultante in entrambi i sistemi e non rientranti nei requisiti previsti dalla Legge Fornero. In questo senso, saranno ritenuti validi anche i contributi versati tramite Assicurazione generale obbligatoria (Ago), i cui dettami risultano finalizzati a forme di tutela sociale tramite coperture assicurative destinate all’anzianità, oltre che all’invalidità e alla disoccupazione involontaria.
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