Cosa succede, concretamente, dopo il nuovo stop al Superbonus? Il Governo incontra banche e imprese per valutare la strada della compensazione.
Altro giro, altro stop. Non c’è pace per il Superbonus, candidato tanto al ruolo di agevolazione fiscale regina, quanto alla maglia nera per il forte rischio flop a seguito dell’ennesima frenata sulle cessioni del credito.
Il 16 febbraio scorso, in Gazzetta Ufficiale, è comparso il Decreto legge n. 11, dalla denominazione piuttosto eloquente: “Misure urgenti in materia di cessione dei crediti”, con vari riferimenti normativi. Una situazione che, pur se non del tutto nuova, ha sparigliato ancora una volta le carte sulla prima e più importante delle forme di fruizione del Superbonus. Teoricamente, lo stacco momentaneo dovrebbe servire a tirare le somme e riorganizzare una misura già abbondantemente limitata dalla Legge di Bilancio.
Il rischio parallelo, come già accaduto in passato, riguarda però le imprese, costrette a frenare sia sulle cessioni del credito che sullo sconto in fattura. Il che potrebbe essere un problema per coloro che, per l’anno in corso, hanno già previsto l’inizio dei lavori, anche perché le uniche deroghe concesse saranno per i cantieri già operativi. È chiaro che, in un quadro simile, alcuni rischi possano correrli anche i condomini proprietari degli appartamenti parte di quegli stabili che il Superbonus lo hanno accettato.
Non tutti, però, dovranno scontrarsi con i fisiologici svantaggi. Il Dl relativo alle detrazioni in materia edilizia esplica tre articoli in tutto, finalizzati tanto alle modifiche della disciplina. Tanto sulla cessione o lo sconto, quanto sulle cessioni dei crediti fiscali, oltre che sull’entrata in vigore delle stesse. La buona notizia è che non ci saranno conseguenze per coloro i cui lavori sono stati avviati prima della data limite del 16 febbraio. Per costoro, infatti, il blocco delle cessioni non sarà valido, vista la natura non retroattiva della nuova disciplina. In sostanza, le normative previste dall’articolo 121 del Dl 34/2020 resteranno attive in tutte le tre modalità previste per la cessione dei crediti fiscali. Restano, chiaramente, le nuove disposizioni sulle percentuali di detrazione (110% per delibere antecedenti al 31 dicembre 2022 e 90% per quelle successive).
Aver presentato le proprie delibere per tempo significherà quindi usufruire del Superbonus nella sua forma piena, o comunque secondo le modalità previste dalla Legge di Bilancio. Con l’ulteriore vantaggio, per i condomini, di essere di fatto esonerati dalle responsabilità relative alle pratiche di cessione, demandate ai cessionari. Responsabilità peraltro esclusa qualora venga dimostrato il possesso della documentazione che comprovi in modo inequivocabile l’esistenza di un credito fiscale ceduto. In pratica, per chi può e per chi è in regola, le disposizioni generali del Superbonus non cambieranno, nemmeno a seguito dell’ancora lanciata il 16 febbraio. Sempre che, naturalmente, ci si riferisca a lavori iniziati in data antecedente.
Nel frattempo, in sede di Governo si cerca la quadra per determinare una possibile soluzione in tempi brevi. La premier Giorgia Meloni, nei giorni scorsi, aveva bocciato la precedente versione dell’agevolazione, evidenziandone quei difetti (peraltro già indicati dal Governo Draghi) che non solo hanno determinato costi medi ingenti per i cittadini ma anche scoperto il fianco alle fruizioni illecite.
Al Mef, va in scena il primo dei tavoli tecnici fra esecutivo, istituti di credito e rappresentanti dei costruttori e della proprietà edilizia. L’obiettivo è arrivare a dama su un restyling della misura, contando di riattivare al più presto le varie modalità di utilizzo del credito d’imposta. Una prima soluzione potrebbe riguardare le compensazioni dei crediti prodotti tramite F24. Probabilmente, anzi, quasi sicuramente andranno fuori dal novero delle soluzioni i contributi e le tasse delle famiglie. Per quanto riguarda le compensazioni, la strada tracciata riguarda la riapertura di quegli spazi fiscali utili alla circolazione dei crediti d’imposta generati prima dello stop.
C’è la possibilità di un avvio a stretto giro delle compensazioni, sfruttando magari quegli spazi fiscali ancora disponibili degli istituti di credito, per poi passare a quelli delle imprese. Un meccanismo a effetto domino che, però, richiederebbe tempi dilazionati. Sempre che non si decida di seguire la via indicata da Confindustria, ovvero la creazione di una piattaforma digitale per gli scambi fra privati.
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