L’Assegno sociale è riconosciuto nei casi di indigenza. Tuttavia, la presenza di un reddito aggiuntivo potrebbe risultare decisiva in negativo.
Percepire un trattamento come l’Assegno sociale presuppone una determinata condizione reddituale. Piuttosto difficoltosa chiaramente, abbastanza da determinare l’accesso a un sostegno di fatto sostitutivo alla pensione.
La possibilità di beneficiare (o meno) dell’Assegno sociale è quindi definita dal reddito dichiarato. Al 2023, possono accedere alla misura sia i non sposati con reddito inferiore a 6.542,51 euro, che i coniugati, a patto che l’importo complessivo non sia superiore a 13.085,02 euro. Considerando che il trattamento pensionistico viene maturato in base alla contribuzione versata durante la propria carriera lavorativa, l’Assegno sociale si propone come un compensativo rispetto all’assenza di versamenti o a un quantitativo insufficiente a garantirsi un trattamento adeguato. Attenzione, però, perché le eventuali variazioni della propria condizione reddituale potrebbero palesare il rischio concreto di restare a corto di pensione. Anche in forma di sostegno. Lo ha precisato l’Inps, con il messaggio n. 4424/2017, in riferimento alle possibili variabili in grado di rideterminare l’accesso all’Assegno sociale.
I presupposti di base dell’Assegno sono dichiaratamente incentrati sull’aiuto economico a chi verte in condizione di disagio sociale di poter contare su un importo fisso garantito, per quanto esiguo. Si tratta, assieme al Reddito di Cittadinanza (oggetto però di sensibili modifiche e restringimenti del proprio raggio d’azione), del principale strumento di sostegno diretto ai cittadini anziani in stato di indigenza. Si tratta di 13 mensilità, ognuna delle quali con un importo costante di 448 euro mensili. Indispensabile, per l’accesso, il requisito anagrafico: 65 anni e 7 mesi (66 a partire dal 2024), oltre alla cittadinanza italiana e la residenza sul territorio nazionale perlomeno da 10 anni. Questo in linea di massima. Qualora subentrino determinate condizioni, infatti, lo stato di bisogno potrebbe essere riconsiderato. E non necessariamente per la presenza di nuove fonti di reddito.
Assegno sociale, perché con la vendita di casa può essere revocato
La dichiarazione dei redditi percepiti sarà la pietra d’angolo per la determinazione del diritto. L’Assegno sociale, infatti, viene erogato in base agli importi effettivamente percepiti, al netto delle ritenute, sia fiscali che contributivi. Il recente messaggio dell’Inps si è inserito proprio in questo contesto, precisando ciò che, in realtà, era già noto: ossia la validità di qualunque elemento possa contribuire a determinare i redditi effettivi. In pratica, qualsiasi entrata di fatto in grado di costituire una rendita o una liquidità disponibile, sarà automaticamente considerata contribuente al reddito del beneficiario. Dal momento che l’Assegno sociale viene erogato per tredici mensilità, qualsiasi entrata può essere decisiva per ridisegnare gli equilibri dello status reddituale di chi lo percepisce. Ad esempio, nel caso in cui il soggetto proceda alla vendita di un immobile entro cinque anni dall’acquisizione, la plusvalenza (ex art. Tuir) ottenuta sarà considerata sull’intero ricavato, non solo sulla quota soggetta a Irpef.
La condizione del reddito effettivo
A far fede, dunque, non sarà il “reddito diverso” ma quello complessivo. In questo senso, la giurisprudenza è chiara: la vendita di un immobile genera una plusvalenza. E, per questo, un reddito da dichiarare in quanto derivante dal valore aggiunto conseguito. Perché questo avvenga, però, la Legge prevede la presenza di condizioni specifiche, oltre al requisito temporale dei cinque anni dall’acquisto (o dalla costruzione). Nello specifico, tale “plus” reddituale scatterebbe anche in caso di:
- immobili ereditati;
- ricevuti in donazione, con tassazione applicata esclusivamente nel caso in cui, al momento della vendita, non siano ancora trascorsi cinque anni dall’acquisto del donante.
Tali condizioni rendono la possibilità dell’inserimento della vendita in dichiarazione dei redditi piuttosto limitata. Tuttavia plausibile e, potenzialmente, decisiva anche per chi percepisce un sostegno mirato allo stato di indigenza come l’Assegno sociale. Generalmente, infatti, la plusvalenza viene inserita nella categoria dei redditi diversi e, per questo, dichiarabile nel Modello dei Redditi (quadro RL) o nel quadro D del 730. Qualora la plusvalenza figuri come reddito effettivo, nel calcolo andrà compresa anche l’eventuale rendita Inail (escluse le indennità di accompagnamento). La presenza di un reddito aggiuntivo, in sostanza, determinerà la possibilità che il trattamento minimo venga meno.