Lo scorso gennaio, ha evidenziato Istat, l’inflazione indica un chiaro rallentamento, scendendo a +10,0%. Il calo riflette l’andamento delle componenti più volatili dell’indice dei prezzi al consumo, assai condizionato dall’inversione di tendenza dei beni energetici regolamentati. Vediamo più da vicino alcune percentuali che ci aiutano a capire la situazione attuale.
“Inflazione” è un termine spesso nominato in questi ultimi mesi, perché sta influendo notevolmente su spese e consumi dei cittadini italiani.
La parola in economia indica l’aumento prolungato del livello medio generale dei prezzi di beni e servizi in un certo lasso di tempo considerato, che produce una diminuzione del potere d’acquisto della moneta e, dunque, una minor capacità di spesa delle persone. In poche parole, con la stessa quantità di denaro, in caso di inflazione in crescita, sarà possibile comprare un minor numero di beni o usufruire di meno servizi.
Secondo gli esperti di economia e mercati, gli incrementi dei prezzi che hanno contraddistinto l’anno passato si legano a più fattori diversi, ma il conflitto in corso, l’aumento dei costi dell’energia e le speculazioni costituiscono le cause maggiori del fenomeno.
A pagarne le conseguenze è in primis il consumatore e la sua famiglia, che si troverà in moltissimi casi ad aver molta più difficoltà nel far quadrare il bilancio familiare mensile. Recentemente, però, l’inflazione è segnalata in diminuzione in Italia, non corrispondendo a ciò un calo di tutti i prezzi dei beni e dei servizi. Perché avviene questo? Vediamolo di seguito.
Nelle economie moderne i prezzi di beni e servizi possono subire variazioni in ogni momento: determinati beni e servizi possono aumentare, altri scendere di prezzo. L’inflazione si verifica in caso di rincaro di ampia portata, non circoscritto a poche e singole voci di spesa. Se nel 2023 l’inflazione fa sentire il suo peso significa in sostanza che con un euro si possono oggi acquistare oggi meno beni e servizi rispetto al passato. Ecco perché si usa affermare – come accennato – che l’inflazione riduca il valore della moneta nel tempo e il potere di acquisto delle famiglie.
Istat ha spiegato che il tasso d’inflazione è ultimamente in diminuzione soprattutto per il marcato rallentamento su base tendenziale dei prezzi dei beni energetici regolamentati. Il riferimento va dunque alle tariffe per l’energia elettrica mercato tutelato e per il gas di rete per uso domestico (da +70,2% a -12,0%). Rilievo minore nel decremento dell’inflazione hanno i prezzi degli energetici non regolamentati che includono i carburanti per i mezzi a motore, i lubrificanti, i combustibili per uso domestico non regolamentati e l’energia elettrica mercato libero (da +63,3% a +59,3%), degli alimentari non lavorati (da +9,5% a +8,0%) e dei servizi ricreativi, culturali e per la cura della persona (da +6,2% a +5,5%). Attenzione però, perché non tutti i beni e servizi registrano percentuali con segno meno nelle ultime settimane, come ora vedremo.
Attenzione anche a questo aspetto: nel momento in cui si calcola l’aumento medio dei prezzi viene dato un peso maggiore alle variazioni dei beni e servizi per cui i consumatori spendono di più (pensiamo ad es. all’energia elettrica) rispetto a voci di spesa di importanza non primaria (ad es. lo zucchero).
Come abbiamo accennato in apertura, l’inflazione 2023 è data in diminuzione, ma il suo rallentamento non impedisce l’aumento di alcuni prezzi. Pensiamo a quelli dei detersivi, delle medicine e degli elettrodomestici. Lo indica il recente report Istat di gennaio, che fa il punto della situazione sottolineando un quadro in cui le tensioni sui prezzi dei prodotti non mancano.
L’Istituto di statistica ha spiegato che, se – in linea generale – i prezzi hanno rallentato la loro corsa in modo evidente, a rimarcare il calo dell’inflazione a +10% su base annua (da +11,6% rispetto al mese anteriore), la situazione però non invita al totale ottimismo, perché Istat ha indicato anche che permane una forte turbolenza in riferimento ai prezzi di consumo di varie categorie di prodotti, come gli alimentari lavorati e diversi beni molto usati dai cittadini (ad es. elettrodomestici, medicine, detergenti per l’abitazione, automobili e non solo). Analogamente nessun decremento dei prezzi si avverte, in linea generale, per i servizi dell’abitazione.
Più nel dettaglio, se abbiamo detto sopra delle percentuali in diminuzione dei prezzi per alcuni beni, che si riflettono sull’andamento dell’inflazione, è vero che si registra altresì l’accelerazione dei prezzi dei beni durevoli (da +6,4% a +6,8%), dei beni non durevoli che includono i detergenti per la pulizia della propria abitazione, i prodotti per la cura della persona, i medicinali (da +6,1% a +6,7%) e dei servizi relativi all’abitazione (da +2,1% a +3,2%).
Lo abbiamo ricordato: a gennaio, indica Istat, l’inflazione evidenzia un netto rallentamento, calando a +10,0%. La discesa segue l’andamento delle componenti più volatili dell’indice dei prezzi al consumo, assai condizionato dal cambio di tendenza dei beni energetici regolamentati, i quali registrano un segno negativo – ovvero -12,0% su base annua. Permangono però turbolenze e tensioni sui prezzi al consumo di varie categorie di prodotti, come gli alimentari lavorati e i servizi dell’abitazione – a indicare che non si può stare di certo tranquilli nonostante le ultime positive novità.
A gennaio, continua Istat, la variazione tendenziale dell’indice generale dei prezzi al consumo – l’inflazione appunto – scende a causa del deciso rallentamento dei prezzi di acqua, elettricità e combustibili (da +54,5% di dicembre a +34,8%), al quale si somma il leggero rallentamento dei prezzi degli alimentari e delle bevande analcoliche (da +13,1% a +12,6%) e dei prezzi dei servizi ricettivi e di ristorazione (da +8,1% a +7,2%).
A controbilanciare però abbiamo l’accelerazione dei prezzi dei mobili, dei trasporti (da +6,2% a +7,4%), degli articoli e servizi per la casa (da +7,8% a +8,7%), e la flessione meno sostenuta dei prezzi delle comunicazioni (da -1,3% a -0,1%).
Insomma, l’emergenza prezzi non è di certo ancora oltrepassata, e il calo dell’inflazione registrato a gennaio è una sorta di riflesso tecnico legato alla discesa delle tariffe dei beni energetici, in particolare sul mercato tutelato. Come spiegato da Assoutenti le dinamiche dei listini evidenziano tuttora incrementi pesanti per beni primari come gli alimentari e, pertanto, in termini pratici una famiglia con due figli si ritrova a spendere +969 euro annui solo per il cibo, +711 euro la famiglia “tipo”.
L’Associazione Nazionale Utenti Servizi Pubblici ha rimarcato dunque che soltanto grazie al calo dei prezzi dei beni energetici l’inflazione appare più moderata, ma l’auspicio è che il Parlamento potenzi i poteri del Garante dei prezzi e della commissione di allerta rapida sui prezzi, in sinergia con le associazioni dei consumatori, onde individuare le contromosse e le misure strutturali da varare per tenere a bada gli andamenti dei listini al dettaglio e, in particolare, per contrastare le speculazioni che ancora oggi si registrano nel nostro paese in tema di prezzi.
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