All’orizzonte un nuovo aumento dei tassi di interesse, il sesto consecutivo. Ma fino a quanto potranno salire le future rate per il mutuo?
Ancora novità certamente non gradite a chi pensa ad un mutuo per acquistare un’abitazione o ne ha già stipulato uno.
Infatti è stato confermato un nuovo aumento dei tassi di interesse, come contromossa della BCE per frenare l’impatto dell’inflazione. Ecco allora a cascata una serie di conseguenze, come ad es. quelle in tema di mutui, con l’incremento dell’ammontare della rata periodica – a partire da questo mese.
La conferma di quanto appena detto arriva dalla numero uno della Banca Centrale Europea, Christine Lagarde. Vediamo allora più da vicino che cosa dobbiamo aspettarci nelle prossime settimane.
E’ noto come il finanziamento costituito dal mutuo rappresenti per molti una sorta di ‘salvagente’ mirato a sostenere nel corso del tempo l’alto costo di acquisto di un immobile. Tuttavia le condizioni di accesso sono piuttosto rigide e la banca vuole conoscere nel dettaglio i dati reddituali e patrimoniali del richiedente, prima di concedere il finanziamento. Ebbene, ora una ulteriore giro di vite con l’annunciato aumento dei tassi di interesse, che andrà a toccare direttamente anche i mutui e che rappresenta il sesto consecutivo.
Le conseguenze si faranno sentire sul bilancio di non poche famiglie, perché l’aumento sarà d’impatto sull’entità delle rate – probabilmente già a cominciare da quella di marzo 2023. Sono giorni cruciali perché a metà del mese è in calendario una riunione decisiva sul tema, ovvero poche settimane dopo l’aumento più recente del 2 febbraio scorso.
D’altronde la linea di politica monetaria restrittiva iniziata dalla BCE nel mese di luglio 2022 è ben definita: l’incremento dei tassi di interesse consiste in quella misura monetaria che le banche centrali adoperano per limitare gli investimenti a favore dei risparmi, contribuendo alla decrescita della domanda, cui segue inevitabilmente la riduzione dei prezzi dei beni. Ecco la contromossa al boom inflazione.
Nono sono pochi coloro che si chiedono quali saranno le effettive ripercussioni sui mutui, ovvero: quanto occorrerà pagare in più per le rate periodiche? Ebbene, le ultime indiscrezioni emerse ci indicano che l’aumento tassi sarà con tutta probabilità uguale a 50 punti percentuali, proprio come già il mese scorso.
Attenzione però, perché nel dettaglio il valore dell’incremento della rate cambia in relazione alla tipologia di mutuo, perciò le conseguenze peggiori saranno gravanti sui mutui a tasso variabile, mentre andrà un po’ meglio per quelli a tasso fisso. Se guardiamo ai mutui a tasso variabile l’aumento è già stato stimato pari a più di 250 euro. Non a caso l’ultima manovra ha previsto altresì disposizioni ad hoc per agevolare il passaggio da mutuo a tasso variabile a mutuo a tasso fisso.
In particolare, la rata media di un mutuo acceso all’inizio del 2022 dovrebbe ulteriormente salire già nei mesi che verranno di 35 euro in più rispetto ad adesso. Entro un anno o poco meno, la rata mensile sarà così gravata da ben 197 euro in più, con un aumento del 43% rispetto alla rata di origine. Non solo: gli esperti hanno disposto la supplementare crescita dell’Euribor a 3 mesi, fino a giungere al 3,4% il prossimo giugno. In base a queste previsioni, la rata media per il mutuo aumenterà superando i 700 euro mensili, segnando perciò un aumento di 255 euro rispetto alla rata di gennaio dello scorso anno. Numeri che lasciano chiaramente intendere che cosa ci aspetta.
Infine in riferimento ai disagi delle famiglie che hanno un mutuo a tasso variabile, ovvero quelle che più risentono dell’aumento dei tassi, la presidente della BCE si è detta convinta che molte banche saranno intenzionate a rinegoziare i mutui in modo da alleviare nel tempo il peso degli aumenti gravanti sulle famiglie. D’altronde la tesi della BCE è che è nel loro interesse farlo in quanto sono consapevoli che nel momento in cui l’inflazione sarà di nuovo entro i livelli di guardia, i tassi di interesse potranno calare sensibilmente. E perciò non vogliono crediti non pagati nei loro bilanci.
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