In caso di investimento sui buoni fruttiferi postali non c’è rischio di mercato da mettere in conto, e questo perché il capitale è sempre rimborsato integralmente e non sussistono spese di commissione. Tuttavia c’è una tassazione, pur agevolata, da sostenere. I dettagli
I buoni fruttiferi postali, si sa, sono prodotti di investimento tra i più amati dai risparmiatori italiani. Come spiega il sito delle Poste, infatti, non hanno particolari costi né commissioni di collocamento e di rimborso e prevedono una tassazione agevolata.
Inoltre i buoni fruttiferi postali assicurano interessi e rendimento costante e sono caratterizzati da un ridotto rischio.
Detti prodotti sono presentati in una vasta gamma e la garanzia di Stato rassicura l’utente finale sul fatto che il capitale sarà riconsegnato. Attenzione però, perché se si tiene investito quest’ultimo il più a lungo possibile, attraverso i buoni si conseguono interessi non indifferenti e soprattutto si giunge anche a guadagnare dei premi. Al risparmiatore peraltro le alternative non mancano, se pensiamo che le Poste hanno recentemente integrato l’offerta dei buoni fruttiferi grazie al buono Risparmio Sostenibile, per investimenti fino a 7 anni.
Ma appunto una sorta di ‘rovescio della medaglia’ c’è e pure in questo investimento sicuro ci sono alcune tasse da pagare. Proprio di questo parleremo nel corso di questo articolo. Qual è l’onere delle tasse per i buoni fruttiferi postali? Cerchiamo di fare chiarezza a riguardo.
Buoni fruttiferi postali: la tassazione agevolata al 12,50%
Abbiamo appena detto che i buoni fruttiferi postali prevedono un buon rendimento e premi, ma c’è il ‘contrappeso’ delle tasse da pagare. Come già per tutti gli altri tipi di strumenti finanziari, anche per i buoni fruttiferi postali sussiste una tassazione da considerare.
Certo è che per quanto attiene ad un buono fruttifero postale, le tasse applicate sono però più basse di quelle di solito praticate. In particolare, la prima tassa alla quale far riferimento è pari al 12,50%, assai agevolata, in quanto scende di non pochi punti percentuale rispetto al 26% come avviene solitamente. Si tratta peraltro della stessa tassazione che vale per BTP, BOT e CCT.
Ma in sostanza come funziona detta tassazione? Ebbene, in sintesi i buoni fruttiferi postali sottoscritti dall’aderente all’offerta producono, come è noto, degli interessi ogni anno e, proprio sul lordo di questo ammontare, scatta l’applicazione di una tassa da versare allo Stato, che è uguale al 12,50%. Forse non tutti sanno che la percentuale è tale e quale a quella varata nel lontano 1997, vale a dire l’anno nel quale è stata introdotta.
Più nel dettaglio, come indica l’Agenzia delle Entrate nel suo sito web, gli interessi e altri proventi che scaturiscono dai buoni postali fruttiferi – collocati da Poste Italiane per conto dell’emittente Cassa Depositi e Prestiti S.p.A. – sono infatti soggetti ad imposta sostitutiva delle imposte sui redditi, con percentuale pari al 12,50%. Di riferimento è il decreto legislativo primo aprile 1996, n. 239.
Per fare un esempio pratico, se l’interesse lordo del buono, in un dato anno, è pari al 1%, al risparmiatore sarà assegnato lo 0,875% netto. Prima dell’aliquota stabilita dal legislatore nel 1997 sugli strumenti finanziari, si pagava la metà e fino al 1987, periodo in cui i tassi d’interesse erano molto più elevati, addirittura non si pagava niente. Rimarchiamo che per gli altri strumenti finanziari, invece, l’imposta sostitutiva corrisponde al ben più oneroso 26%, e ciò rende l’investimento in BFP più conveniente dal lato fiscale, perché il risparmiatore può intascare un netto maggiore.
L’imposta di bollo in tema di buoni fruttiferi postali
Non dimentichiamo che, oltre alla tassazione agevolata appena ricordata, sui buoni fruttiferi postali c’è anche l’imposta di bollo da pagare, un prelievo erariale alla fonte. Attenzione però perché sotto ai 5mila euro l’obbligo non sussiste. Perciò se un risparmiatore ha BFP per un controvalore sotto questa cifra non paga questa imposta.
Ci si potrà domandare a quanto corrisponde l’imposta di bollo da pagare sui buoni fruttiferi postali che oltrepassano i 5.000 €. Ebbene, la risposta è che detta imposta è uguale al 2 per mille annuo del controvalore giacente sul dossier dei titoli.
La rendicontazione dei buoni si compie trimestralmente in automatico. Per fare un esempio pratico, l’investitore che ha 10mila euro di buoni fruttiferi intestati, andrà a versare 5,00€ ogni tre mesi, e perciò 20,00€ all’anno allo Stato a titolo di imposta di bollo. Come spiega il sito delle Poste, infine, i buoni fruttiferi sono esenti dall’imposta di successione.