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Residenza temporanea con medico di base: le 3 condizioni

La residenza temporanea dà comunque diritto all’assistenza medica. A patto che si rispetti almeno una delle motivazioni ritenute valide.

La dichiarazione (e la conseguente registrazione) della propria residenza è prevista a norma di legge. A prescindere dal proprio affrancamento o meno dal nucleo familiare originale. Una pratica da espletare ogni qualvolta il nostro domicilio abitudinario si trasferisca in modo teoricamente permanente presso una nuova abitazione.

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Un concetto che, in realtà, ha le sue peculiarità. È vero, infatti, che domicilio e residenza potrebbero di fatto anche non coincidere, dal momento che la seconda fa riferimento al luogo di dimora abituale, mentre il primo al luogo-sede principale degli interessi personali della persona dichiarante. In sostanza, la residenza viene considerato il recapito fisso di un soggetto, mentre il domicilio potrebbe figurare come un riferimento provvisorio. Chiaramente, l’indicazione della propria residenza anagrafica detiene un peso specifico nella regolarità della nostra posizione rispetto agli obblighi fiscali. Nel momento in cui un soggetto registra il proprio indirizzo di dimora abituale presso l’anagrafe del proprio Comune di appartenenza (o comunque nel quale ha deciso di stabilirsi), andrà a comunicare i margini della competenza territoriale degli organi giudiziari. In quel luogo, dunque, saranno notificati gli atti, oltre all’ordinaria corrispondenza.

Ora, ai sensi del Dpr n. 223/1989, art. 32, viene definito il concetto di residenza temporanea, identificata dal Comune in un apposito registro. Il passaggio legislativo precisa che le condizioni per una tale richiesta alla propria amministrazione comunale sono sostanzialmente due: la permanenza nel territorio di competenza da almeno 4 mesi e la mancanza dei requisiti utili a stabilire una residenza definitiva. In questo senso, l’esempio più utilizzato riguarda un cittadino straniero extracomunitario, dimorante in un determinato comune ma ancora privo di regolare permesso di soggiorno. In questo caso, previa comunicazione della propria dimora, l’ente provvederà all’iscrizione del soggetto presso il registro dei residenti temporanei.

Residenza temporanea e medico di base: cosa dice la Legge

Per restare all’esempio del cittadino extracomunitario, lo status di residente temporaneo cesserà nel momento in cui il soggetto avrà ottenuto il proprio permesso di soggiorno. Dopo apposita comunicazione al Comune, si potrà procedere con l’iter per l’attribuzione di una residenza definitiva. In sostanza, all’interno del registro dell’anagrafe temporanea, sono elencate esclusivamente persone che dimorano nella città ma che, in ottemperanza alle suddette condizioni, non hanno ancora preso la decisione di stabilirsi definitivamente. Naturalmente, il discorso può essere esteso a persone che effettuano soggiorni-studio o che approcciano a esperienze lavorative in un’altra città. Sarà in ogni caso l’interessato a dover richiedere al Comune la registrazione presso l’anagrafe dei residenti temporanei anche se, una volta effettuata, al cittadino “provvisorio” non saranno rilasciate certificazioni, se non (al bisogno) un’attestazione di avvenuta iscrizione. Si tratta comunque di uno status potenzialmente soggetto ad autocertificazione, ad esempio nel caso in cui un ente o un’azienda lo richieda.

Per quanto riguarda la documentazione necessaria, assieme alla domanda d’iscrizione rilasciata dal Comune, andranno presentati i consueti documenti anagrafici di riconoscimento, inclusi quelli degli eventuali residenti dell’abitazione presso la quale si dimora. I cittadini comunitari sono tenuti alla presentazione del proprio Codice fiscale e dell’eventuale contratto di lavoro stagionale. Per gli studenti, basterà una dichiarazione dell’ateneo di appartenenza. Agli extracomunitari, sarà richiesto in aggiunta il permesso di soggiorno e il proprio passaporto. Tale pratica non implica nulla in merito alla residenza ordinaria. Ossia, se il soggetto fosse residente abituale in un’altra città, potrà allo stesso tempo richiedere una residenza temporanea presso un altro Comune. Indicandone chiaramente le ragioni. L’amministrazione, infatti, si riserva il diritto di verificare la dichiarazione ai sensi dell’art. 5, Dl n. 47/2014.

La cancellazione

Il nominativo, a prescindere dai Comuni, sarà cancellato d’ufficio dall’anagrafe trascorsi dodici mesi dalla presenza del soggetto, per essere registrato presso l’anagrafe dei residenti definitivi. La cancellazione potrebbe avvenire anche in caso di trasferimento o irreperibilità. Sia al momento dell’iscrizione che della cancellazione, il Comune di residenza temporanea informerà quello di provenienza. Attenzione, perché trascorsi i dodici mesi non sarà possibile chiedere una proroga o un rinnovo ma solo l’iscrizione fra i residenti definitivi.

La richiesta del medico di base

Interessante, in questo senso, la possibilità di mantenere il diritto all’assistenza medica, anche in caso di residenza temporanea. Il Servizio Sanitario Nazionale garantisce infatti tale prestazione, anche se a precise condizioni. Il trasferimento, infatti, dovrà esser stato dettato da motivazioni specifiche quali studio, salute o di natura aziendale. Per ottenere un medico di base anche se privi di residenza definitiva, in presenza delle condizioni obbligatorie il richiedente potrà rivolgersi all’Asl territoriale competente e procedere alla cancellazione temporanea dal proprio medico di famiglia. Dopodiché, occorrerà recarsi presso la Asl del luogo di destinazione per l’iscrizione alle liste del Comune. Per ogni motivazione, fra quelle ritenute valide, sarà necessario presentare un’attestazione di conferma. Ad esempio, per i residenti per motivi di studio, farà fede il modulo di iscrizione sottoscritto all’università.


    Damiano Mattana

    Laureato in Lettere, giornalista e web content writer. Ha condotto inchieste su temi di attualità e sociale. Scrive di economia, politica, esteri e Vaticano.

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