Su un capitale di 8.500 euro, l’investimento in Buoni fruttiferi a breve e lungo termine in qualche modo si equivale. Come cambiano i rendimenti.
Uno strumento letteralmente per tutte le tasche. E, per questo, estremamente popolare. I Buoni fruttiferi rappresentano da anni il prodotto di punta di Poste Italiane, per certi versi più gettonato persino del conto BancoPosta.
Il merito, chiaramente, è la possibilità concessa di guadagnare dai propri depositi. I quali, una volta convertiti in Buoni, diventeranno degli investimenti a tutti gli effetti, con interessi garantiti e riconosciuti a cadenze differenti a seconda del prodotto scelto. Di fatto, al risparmiatore verrà lasciata unicamente l’incombenza di scegliere quale variante scegliere e quale cifra investire. In questo senso, chiaramente, il tutto sarà a discrezione del risparmiatore, che potrà decidere l’una e l’altra in totale autonomia. Certo è che un’indicazione di massima sull’importo ideale da convogliare nel buono consente di operare la scelta in modo più ponderato. Anche perché, al di là dei rendimenti diversi, in ballo c’è anche la scelta tra l’investimento a breve, a medio o a lungo termine. In questo, la cifra farà la differenza tanto quanto la necessità del risparmiatore di tornare in possesso della somma (rimpolpata degli interessi) immessa.
Come abbiamo visto, un risparmiatore medio, ossia con redditi da lavoro dipendente (anche privato), difficilmente convoglierà in un buono fruttifero importi superiori ai 10 mila euro. Questo perché, nell’eventualità, a disposizione degli investitori vi sarebbero strumenti più indicati a somme più rilevanti, sempre a emissione statale (come i Bot o i Btp) ma con una prospettiva a lungo termine di default focalizzata su cifre superiori. A ogni modo, partendo dal presupposto di una cifra comunque considerevole, la questione da dirimere sarà il fattore temporale: breve-medio o lungo termine, anche questo dipende dalle prerogative dell’investitore.
Presupponendo un importo di partenza non esattamente tondo ma comunque paro, di circa 8.500 euro, un rendimento certamente più interessante sarebbe sul breve periodo. Basti pensare al Buono 3×2, con durata massima di 6 anni e interessi riconosciuti ogni 3 anni dal primo triennio compiuto dalla sottoscrizione. Alla scadenza, il valore di rimborso netto sarebbe di 9.438,33 euro. Valori simili per il Buono Soluzione Eredità, con durata 4 anni e dedicato ai beneficiari di un procedimento successorio concluso presso Poste: il valore di rimborso lordo a scadenza sarà di 9.433,47 euro. Ancor meglio col Buono Rinnova, sempre a durata 6 anni e con interessi riconosciuti ogni tre anni. Il rendimento netto a scadenza sarebbe di 10.073,38 euro. Tuttavia, questo prodotto è riservato esclusivamente a chi procederà al rinnovo dei buoni giunti a scadenza. Il che, se da un lato pone un fronte potenzialmente vasto di azione, dall’altro lo riduce visto che, in molti casi, i buoni giunti a scadenza saranno a lungo termine.
A proposito delle scadenze proiettate di oltre un decennio, le possibilità sono diverse e tutte piuttosto interessanti. Ad esempio, il prodotto più gettonato in questo senso è il Buono 4×4, con durata massima di 16 anni e interessi riconosciuti ogni quattro dal primo quadriennio compiuto. Alla scadenza, il valore netto di rimborso sarà di 12.997,50 euro. Periodo più lungo ma rendimento migliore per il Buono Ordinario, con durata massima di 20 anni: considerando gli interessi riconosciuti ogni due mesi a partire dal primo anno dalla sottoscrizione, su un investimento di 8.500 euro, il valore di rimborso netto a scadenza sarà di 13.247,28 euro. Una soluzione di compromesso potrebbe essere il Buono 3×4: interessi ogni 3 anni e un investimento di 12, con valore di rimborso a scadenza di 11.065,11 euro.
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