La stretta anti inflazione della BCE si riflette a cascata sui prestiti alle imprese e mutui ai cittadini. Alcuni dati interessanti forniti dalla Banca d’Italia.
Come è ben noto la Banca d’Italia svolge una serie di attività particolarmente importanti. Essa infatti effettua la supervisione sui mercati finanziari, con la finalità di assicurare la stabilità dei sistemi, la trasparenza e la qualità dei servizi, proteggendone l’affidabilità e l’efficienza.
Ebbene, questa fondamentale struttura periodicamente pubblica altresì dei report e delle relazioni, che offrono una panoramica della situazione economica nazionale: in particolare Bankitalia recentemente ha reso noti dati che non fanno altro che confermare il delicato momento per la società italiana, a livello economico. Infatti la stretta BCE sul costo del denaro – ovvero gli aumenti ripetuti del tasso di interesse – hanno pesanti effetti a cascata sui mutui casa, sul credito al consumo e sui prestiti alle aziende. Vediamo più da vicino.
La contromossa della Banca Centrale Europea è nota: frenare l‘inflazione ricorrendo all’aumento dei tassi, con la stretta al costo del denaro. Insomma l’aumento dei tassi di interesse consiste nella misura monetaria che le banche centrali utilizzano onde limitare gli investimenti a favore dei risparmi, facendo calare la domanda e perciò riducendo i prezzi dei beni in maniera strutturale.
Ma appunto non mancano gli effetti ‘collaterali’. Con l’incremento progressivo dei tassi BCE e del costo del denaro, è proseguito a crescere anche quello dei mutui casa (+15% in gennaio 2023 rispetto a dicembre 2022), del credito al consumo (+6%) e dei prestiti alle aziende (+4,5%). Percentuali significative e che fanno ben intendere l’ampia portata delle scelte BCE.
In particolare rispetto al 2022, i mutui variabili sono più che raddoppiati: a gennaio dello scorso anno erano all’1,78%, indicando a gennaio 2023 invece un aumento uguale a 2,17 punti percentuali. Ecco perché nell’ultima manovra sono contenute regole ad hoc per agevolare il passaggio dal mutuo variabile a quello fisso.
Non solo. Il credito al consumo corrispondeva all’8,08% ed ha guadagnato in un anno ben 1,7 punti base. Notevolmente aumentati anche i tassi alle imprese. Ancora, i dati della Banca d’Italia di gennaio di quest’anno chiariscono che i mutui per le famiglie sono al 3,95%, in accelerazione rispetto al 3,36 del mese precedente, mentre quelli sulle nuove erogazioni di credito al consumo sono giunti al 9,79%, dall’anteriore 9,22%.
In particolare per ciò che attiene ai mutui, c’è un aspetto molto importante da rimarcare: i rialzi attengono meramente al tasso variabile, e questo perché per chi ha sottoscritto un mutuo a tasso fisso non cambia niente in quanto non c’è esposizione alle fluttuazioni del costo del denaro – proprio in virtù del particolare tasso prescelto.
Ricordiamo anche che vari sono gli strumenti a disposizione delle famiglie per rinegoziare i contratti di mutuo. Oltre a quanto specificamente previsto dall’ultima legge di Bilancio e alla rinegoziazione delle condizioni con la banca, sussistono infatti:
In più, appunto, quanto previsto dalla legge di Bilancio 2023, la quale ha disposto l’obbligatorietà per la banca di trasformare il mutuo da variabile a fisso in ipotesi di richiesta del cliente per mutui ipotecari entro il valore di 200mila euro ed ISEE entro i 35mila euro.
In conclusione, è vero che la dinamica dei tassi di interesse su mutui e prestiti è legata in modo assai stretto alla politica monetaria della Banca Centrale Europea, la quale dall’estate scorsa ha varato una nuova stagione di stretta monetaria anti inflazione e carovita. Ha così incrementato il costo del denaro, ma attenzione: se è vero che i tassi che sono modulati dalla BCE sono i cosiddetti ‘interbancari’, è altrettanto vero che a cascata la stretta ricade anche su quelli bancari, ovvero quelli che le banche applicano alla clientela che chiede prestiti o mutui.
Il periodo degli aumenti dei tassi non è finito perché sono all’orizzonte nuovi rialzi, e questo – inevitabilmente – andrà ulteriormente a gravare sui mutui variabili e prestiti alle aziende.
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