Nei tempi odierni il Fisco può agevolmente controllare conti correnti e bonifici dei contribuenti/correntisti onde combattere e prevenire l’evasione fiscale. I dettagli.
Come molti contribuenti già sapranno, oggi i controlli del Fisco sui conti correnti dei cittadini sono molto più estesi e pervasivi che in passato.
Tramite banche dati ad hoc e la stretta collaborazione con la banche, stanare i ‘furbetti’ è meno complicato di prima, facilitando alle Entrate l’opera di individuazione e repressione dell’evasione fiscale.
Ebbene, proprio in tema di accertamenti fiscali di seguito faremo il punto sui controlli da parte dell’Agenzia delle Entrate sui pagamenti tra conti correnti e carte prepagate. Ovvero: quando scattano i controlli sui bonifici? Che cosa può vedere l’Amministrazione finanziaria e come gestisce queste informazioni ai fini degli accertamenti fiscali? Vediamo insieme cosa ricordare a riguardo.
La tecnologia aiuta la lotta contro chi intende violare le regole del Fisco per pagare meno tasse. Anzi non è di certo una novità del 2023 quella per cui l’Agenzia delle Entrate ha la possibilità di verificare, con i propri terminali, tutti i bonifici e i pagamenti che si compiono tra conti correnti bancari o postali, inclusi anche i conti esteri e le carte prepagate dotate di Iban per il bonifico.
Più nel dettaglio, è opportuno notare che solo l’Agenzia delle Entrate ha il potere di accedere ai conti correnti dei contribuenti. Soprattutto, l’Amministrazione finanziaria può controllare:
Non solo. Il Fisco può controllare anche la presenza di eventuali cassette di sicurezza. Ma attenzione perché per quanto riguarda queste ultime, non può accedervi direttamente – se non in ipotesi di indagini ad hoc stante il contenuto riservato della cassetta stessa.
Insomma per il correntista/cliente della banca e, al contempo, contribuente non c’è modo di nascondersi: gli strumenti tracciabili permettono sempre di risalire ad un’operazione anche a distanza di vari anni. Come accennato, gli accurati controlli odierni si inseriscono nella lotta all’evasione fiscale che il Fisco porta avanti con banche dati telematiche.
Abbiamo visto che i poteri dell’Agenzia delle Entrate sono consistenti e questo perché le norme fiscali odierne dispongono che le i dati e le informazioni siano comunicate al Fisco dagli stessi istituti di credito. Questi ultimi le mettono a disposizione grazie ad un archivio che prende il nome di “Registro dei Rapporti Finanziari”, denominato anche “Anagrafe dei conti correnti”.
Alla luce di quanto abbiamo detto finora, è agevole aver ben chiaro lo scopo di queste banche dati: con esse è possibile svolgere celermente gli accertamenti bancari, senza l’obbligo di andare presso la filiale in cui il contribuente ha attivato e prosegue il proprio rapporto di conto corrente.
C’è un altro punto molto importante che merita di essere chiarito. Il fatto che l’Amministrazione finanziaria possa accedere a questi dati riservati non significa che queste debbano sempre essere giustificate al Fisco. In linea generale, per legge, in ipotesi di privati cittadini, professionisti e artigiani, soltanto il denaro che entra sul c/c è fatto oggetto di accertamento e verifica fiscale.
In sostanza ciò significa che sotto la lente del Fisco:
Il Testo Unico sulle Imposte sui Redditi – TUIR dispone in via generale una cd. presunzione di reddito per ciascun accredito di denaro ricevuto sul proprio c/c. In buona sostanza, secondo la legge, i soldi versati in contanti sul conto corrente o conseguiti via bonifico si presumono essere il risultato di un pagamento tassabile, come tale da dichiarare alle Entrate.
Ecco perché la somma in oggetto deve essere riportata sulla dichiarazione dei redditi in modo che questa sia soggetta all’Irpef proprio come accade per gli altri redditi. In casi come questo ben si comprende allora la ragione dei controlli del Fisco e il fatto che quest’ultimo effettui gli accertamenti specificamente su chi riceve il bonifico e non su chi lo fa (tranne ipotesi eccezionali e di particolare gravità).
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