In pensione con i requisiti di anzianità o meglio tentare la strada dell’anticipo? Molto dipende dalle condizioni di partenza.
Il sistema previdenziale italiano issa a 67 anni l’età minima per il raggiungimento della soglia pensionistica. Il che, anche nel recentissimo passato, non ha mancato di ar discutere. Senza che, tuttavia, siano stati adottati meccanismi in grado di ricalcolare in modo equo la soglia di anzianità.
Semmai, si è optato per vie alternative. Strumenti compensatii per quei pensionati che, tecnicamente, potrebbero uscire dal mondo del laoro ben prima del raggiungimento dell’età anagraica stabilita a norma di legge. In questa direzione sono andati i recenti procedimenti, incluse le arie “quote” degli ultimi anni, inaugurate con Quota 100 e proseguite ino all’attuale Quota 102. Chiaramente, accanto al requisito anagrafico, sarà necessario raggiungere una determinata soglia di anni di contribuzione, utili a combinare le prerogative necessarie alla maturazione del trattamento pensionistico. In questo senso, non arà dierenza lo strumento prescelto: i contributi ersati saranno necessari sia alla determinazione del meccanismo che all’importo ottenibile.
Nel 2023, la pensione di vecchiaia manterrà i requisiti alidi in qui. Ossia, 67 anni di età e almeno 20 anni di contribuzione. Un aspetto generalizzato, che non prevede variazioni sull’importo. Questo non toglie che, in alcune specifiche circostanze, persino il trattamento garantito per anzianità possa essere depennato dall’elenco dei diritti. Tecnicamente, la pensione di vecchiaia è garantita, sia in termini di accesso che di importo. Con qualche debita eccezione, soprattutto per coloro che figurano nell’ambito del cosiddetto sistema misto. In relazione, chiaramente, al calcolo della contribuzione. Il riferimento è ai lavoratori con anni di versamento antecedenti al 1996, ossia prima della cosiddetta riforma Dini.
In realtà, il versamento dei contributi secondo il solo sistema retributivo non inciderà sul futuro della propria pensione. Anzi, coloro che hanno utilizzato tale sistema, effettuando il primo dei vari versamenti in data antecedente alla riforma, non correrà il rischio di revisione di metodi e importi. Diverso il discorso per coloro che anno (letteralmente) i conti con il cosiddetto contributivo puro, ossia con un sistema di calcolo basato esclusivamente sui versamenti effettuati in data posteriore al 31 dicembre 1995. Si tratta, in buona sostanza, di coloro che rientrano a pieno titolo nel quadro della riforma Dini, per i quali avrà rilevanza, anzi, sarà di atto un vincolo, l’importo della pensione. In questo caso, infatti, l’accesso è regolato sulla base del cosiddetto assegno sociale: la cifra della pensione accantonata tramite i propri versamenti dovrà essere superiore a tale strumento di 1,5 volte. Altrimenti, occorrerà attendere i 71 anni di età, ossia la soglia minima che garantisce la decadenza del requisito della contribuzione (minimo 20 anni per il trattamento di vecchiaia). In alternativa, il pensionando potrà optare per l’assegno sociale, sempre che possa rientrarvi sulla base della propria condizione reddituale.
Naturalmente, considerando le disposizioni attuali, l’età farà fede anche in relazione ai cosiddetti strumenti di anticipo. Ad esempio, per l’accesso a Quota 103 le soglie per l’anno in corso sono state issate a 62 anni di età (quindi in largo anticipo rispetto alla pensione di anzianità e, ancor di più, allo step dei 71 anni) e 41 di versamenti contributivi. Il sistema presidenziale prevede poi altri strumenti di anticipo quali Ape Sociale per i lavori usuranti e Opzione Donna per le lavoratrici ma anche l’isopensione.
Occhio anche al meccanismo di adeguamento del sistema alla speranza di vita, introdotto con la riforma Dini e messo a punto con nuove disposizioni dalla cosiddetta Legge Fornero. In questo senso, la limitazione dei costi della previdenza poggia sull’innalzamento della ita media, con modifica consequenziale dei parametri pensionistici. L’ultima modifica risale al 2018: l’adeguamento prevede che andrà fatto riferimento in primis alla media dei valori registrati negli anni del biennio al quale ci si riferisce. Inoltre, i nuovi importi non potranno superare i tre mesi. Qualora vi fossero variazioni in negativo, si procederà al recupero con gli adeguamenti successivi. Restano escluse dall’adeguamento alcune categorie di lavoratori iscritti all’assicurazione generale obbligatoria A.G.O., oltre che alle orme sostitutive ed esclusive della stessa. Fuori dal gruppo anche i lavoratori iscritti alla Gestione separata Inps.
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