Investire nei Buoni fruttiferi è sempre la scelta giusta? Molto dipende dalla cifra a disposizione e dai tempi di rendimento prescelti.
Investimenti sicuri, di questi tempi, rappresentano l’unico ero deterrente alla crisi finanziaria innescata dalla pandemia. E, un po’ per l’effetto rilesso della guerra in Ucraina, un po’ per l’inflazione a livelli record degli ultimi mesi, riuscire a convogliare il proprio denaro in canali dai rendimenti garantiti potrebbe non essere semplice.
Uno dei capisaldi del settore restano i Buoni fruttiferi postali, orti dell’emissione da parte di Cassa Depositi e Prestiti e, di conseguenza, di una garanzia di orma statale. Negli anni, lo strumento ha assunto un ruolo centrale tra i prodotti offerti da Poste Italiane, consentendo anche ai risparmiatori non avvezzi all’impiego del proprio denaro in investimenti a smuovere le proprie risorse. Evitando, al contempo, il rischio di stagnazione delle somme che, magari, resterebbero in alternativa depositate su un conto corrente. La bontà dell’investimento dipenderebbe dalla cifra immessa dal risparmiatore, variabile a seconda delle disponibilità e dalle prospettive di rendimento. Il primo passo, nello specifico, sarebbe la scelta tra la produzione della rendita a breve, medio o lungo periodo.
La variabilità dei Buoni fruttiferi ha contribuito, negli anni, a decretarne il successo. E anche la mancanza di un ero e proprio tetto massimo (e minimo) di deposito – oltre che l’assenza di costi di apertura e di gestione – fa parte dei punti ritenuti a favore dello strumento di punta di Poste. Difficile, a ogni modo, stimare una cifra media tra quelle investite sui Buoni. Potrebbe però essere significativo dare uno sguardo ai numeri: verso la fine del 2022, in Italia erano attivi ben 46 milioni di Buoni fruttiferi postali. Senza contare le cifre monstre riguardanti i Buoni collocati da Poste e caduti in prescrizione. Anche in questo caso, si parla di numeri impressionanti: 347 mila prodotti per 30 mila risparmiatori e un ammontare totale pari a 404 milioni di euro.
Buoni fruttiferi, la grande rendita: la top 3 con 12 mila euro di budget
Post la difficoltà nel determinare una cifra media investita, le variabili in gioco sul prodotto non sono poi molte. Tutto dipende da colui che decide di immettere una somma nello strumento e delle necessità reali di ottenere il proprio rendimento in tempi più o meno ristretti o maggiormente dilazionati. Nel primo caso, il denaro investito frutterà rendite interessanti ma proporzionate al periodo ristretto durante il quale matureranno i loro interessi. Andando avanti con gli anni, l’immissione di un importo più elevato potrebbe garantire rientri realmente appetibili anche per i piccoli investitori. Al netto della crisi attuale, non è raro che un risparmiatore possa aver accantonato, negli anni, cifre prossime o persino superiori ai 10 mila euro. In questo caso, qualora il tesoretto fosse reinvestito in un Buono postale, le prospettive a lungo termine si farebbero improvvisamente più interessanti.
Nel caso in cui la somma a nostra disposizione fosse pari a 12 mila euro, il range a lungo termine metterebbe in evidenza tre differenti tipologie di Buoni fruttiferi, tutte accomunate dalle regole generali del prodotto (tassazione agevolata al 12,50% e assenza di costi) ma diversificate a seconda delle potenzialità stesse della variante scelta. Ad esempio, il Buono 4×4 rappresenta una delle più popolari, in quanto il giusto compromesso tra durata massima (16 anni) e scatto degli interessi (appunto, ogni 4 anni a partire dal compimento del primo quadriennio dalla sottoscrizione). Sulla somma prescelta, il valore netto a scadenza sarebbe pari a 18.349,42 euro, considerando annuo lordo del 3,00% al termine.
Buono 3×4 e Ordinario
Il gruppetto delle opzioni ideali si arricchisce con l’opzione 3×4. In questo caso, la durata massima scenderà a 12 anni, riconosciuti ogni a 3 a partire dal primo triennio dalla sottoscrizione (da qui il nome). In questo caso, chiaramente, il valore di rimborso netto alla scadenza scenderà inevitabilmente. Mantenendo però numeri interessanti: 15.621,34 euro, comunque una maggiorazione sostanziale rispetto alla cifra di partenza.
Il Buono Ordinario, invece, riserva la durata più lunga: 20 anni, con interessi riconosciuti però ogni due mesi a partire dal primo anno trascorso dalla sottoscrizione. A fronte di un quadriennio aggiuntivo, il rendimento non si scosterà però più di tanto dal 4×4: 18.702,04 euro alla scadenza.