Quest’anno le pensioni minime sono in aumento così come disposto dalla legge di Bilancio, ma per quale motivo gli ultrasettantacinquenni non percepiscono ancora il trattamento minimo pari a 600 euro?
In questi ultimi tempi, il problema dell’inflazione si è fatto sentire nelle tasche dei cittadini italiani, costretti sempre più a fare salti mortali e complicate acrobazie per far quadrare i bilanci familiari mensili.
In questo scenario di certo non roseo si aggiunge anche la questione previdenziale, e ci riferiamo qui non tanto alla perdurante assenza di una riforma pensioni strutturale ed organica, quanto piuttosto alla mancanza di aumento della pensione minima a 600 euro per chi ne avrebbe diritto.
In questo periodo i titolari di pensioni minime si stanno domandando del perché il trattamento non sia ancora aumentato, come invece sembrava nell’aria. L’aumento era atteso fino a 600 euro, così come dispone la legge di Bilancio in proposito, ma è così non per la mensilità di marzo. Che cosa dobbiamo aspettarci nei prossimi mesi? I pensionati potranno comunque auspicare un incremento della pensione minima? Vediamolo insieme.
Pensione minima: che cos’è? Il contesto di riferimento
Ricordiamo che i titolari di una pensione di importo molto ridotto, vale a dire le persone che hanno difficoltà ad arrivare a fine mese e a effettuare le varie spese previste, possono sfruttare il trattamento previdenziale che viene versato dall’istituto di previdenza. In particolare la pensione minima consiste in un assegno sociale a favore dei pensionati che ricevono, attualmente, importi mensili al di sotto rispetto ai limiti minimi che sono stati indicati dalla legge.
Vero è che l’entità del trattamento minimo Inps cambia annualmente, in quanto è direttamente correlato alla variazione dell’indice Istat che rapporta la soglia minima al costo della vita. In buona sostanza i pensionati che possono contare solo su un trattamento al di sotto del limite attuale, riceveranno dall’istituto un assegno integrativo – in maniera da toccare comunque la soglia minima prevista dalla pensione minima Inps.
L’ultima manovra ha disposto un piccolo aumento sulle pensioni minime: si tiene conto del tasso di rivalutazione applicato per il 2023 in rapporto all’andamento dell’indice dei prezzi nei 12 mesi anteriori, pari al 7,3%, valevole in modo integrale per i trattamenti di 4 volte al di sotto rispetto a quello minimo, e ovviamente anche sulla pensione minima.
In effetti negli ultimi tempi la pensione minima Inps mensile è salita di alcune decine di euro di valore, ma restando comunque sotto al tetto dei 600 euro. Siamo perciò ben lontani dall’importo di 1.000 euro che veniva indicato come obiettivo nella campagna elettorale.
Pensione minima a 600 euro? Ecco il perché del mancato adeguamento verso l’alto
Veniamo al punto. La causa per la quale la pensione minima non è stata aumentata a 600 euro, e ciò vale per tutti coloro a cui spetta questo speciale trattamento ‘di garanzia’, è data dal fatto che la rivalutazione straordinaria per gli over 75 non è ancora stata attuata dall’istituto di previdenza.
C’è infatti un dettaglio molto importante nella legge di Bilancio: nel 2023 le pensioni minime aumentano effettivamente a 600 euro per gli over 75 (ovvero per coloro che hanno un’età uguale o maggiore dei 75 anni). Si tratta di un incremento che vale per il solo anno in corso e che rappresenta una rivalutazione straordinaria dell’1,5 % – in aggiunta alla perequazione ordinaria attribuita al trattamento minimo indipendentemente dall’età anagrafica. In buona sostanza, abbiamo un assegno del valore di 600 euro per gli over 75 e di 571,6 euro di pensione minima per tutti (l’anno scorso era pari a 525,38 euro).
Ribadiamo che il distinto tasso di rivalutazione, applicato per l’anno in corso in rapporto all’andamento dell’indice dei prezzi nei 12 mesi anteriori, è invece uguale al 7,3% (a partire dallo scorso gennaio), disposto in modo integrale per i trattamenti di 4 volte inferiori rispetto a quello minimo, e perciò anche sulla pensione minima.
Ricapitolando, da questo mese l’Inps rivaluta per perequazione anche i trattamenti più alti, con la progressione di cui si trova traccia nella Legge di Bilancio, assegnando gli arretrati da gennaio. Ecco perché non vi sono dubbi sul fatto che manchi soltanto l’adeguamento straordinario valevole per le pensioni minime, che esclusivamente per i pensionati con almeno 75 anni conduce gli assegni minimi a 600 euro mensili. Inps dovrà procedere a questa ultima perequazione con riconoscimento delle spettanze a partire dal primo gennaio scorso (arretrati). Perciò siamo in attesa di indicazioni specifiche dell’istituto, entro tempi brevi.