L’Agenzia delle Entrate-Riscossione può avviare azione esecutive contro il debitore, per recuperare le somme da questi dovute e non versate. Ma attenzione ad alcuni limiti specifici.
E’ noto che i rapporti di debito-credito sono regolati da ben precisi obblighi che, se non vengono rispettati, possono condurre a conseguenze quali il pignoramento da parte dell’Agenzia Entrate Riscossione.
Tuttavia attenzione perché esiste la cd. opposizione all’esecuzione ed agli atti di riscossione coattiva, che potrà interessare tutti coloro che temono il pignoramento dello stipendio, della pensione, del conto corrente o della propria abitazione.
La facoltà di compiere il pignoramento dei beni non è assoluta perché per Agenzia Entrate Riscossione si applicano regole ad hoc, che la rendono comunque più facile rispetto ai creditori privati – e ci riferiamo ad es. alle banche.
Di seguito vogliamo soffermarci, in particolare, sui limiti fondamentali che valgono nei confronti dell’Agenzia delle Entrate Riscossione, ovvero: che cosa non può pignorare quest’ultima? Quali beni restano di fatto ‘intangibili’ dalla procedura in oggetto? Scopriamolo insieme e facciamo luce dunque su alcune essenziali tutele previste a favore del contribuente debitore. I dettagli.
Pignoramento e poteri degli uffici della Riscossione: il contesto di riferimento
Il pignoramento consiste nell’atto con il quale incomincia una procedura esecutiva. Come qualunque altro creditore, anche l’Agenzia delle Entrate-Riscossione potrà infatti agire in modo coattivo appunto con il pignoramento. Ciò permetterà di recuperare le somme dovute e non pagate dai contribuenti in debito.
L’art. 49 del D.P.R. 602/1973 – il testo che contiene regole sulla riscossione delle imposte sul reddito – precisa che, per la riscossione delle somme non versate, il concessionario dà luogo alla procedura di espropriazione forzata sulla scorta del cd. ruolo che costituisce titolo esecutivo. Non solo. Sempre nel citato testo si indica anche che il concessionario procede con l’espropriazione forzata nel caso nel quale sia inutilmente decorso il termine di 60 giorni dalla notificazione della cartella di pagamento (fatte salve le regole in materia di dilazione e sospensione del pagamento).
Ancora, la legge prevede che l’espropriazione forzata su impulso dell’Agenzia delle Entrate-Riscossione sia preceduta dalla notifica dell’intimazione di pagamento in tutti i casi in cui la notifica della cartella esattoriale (o cartella di pagamento) sia stata fatta da più di dodici mesi. Dal giorno di notifica dell’intimazione di pagamento, il contribuente-debitore avrà 5 giorni di tempo per compiere il pagamento del dovuto, ovvero presentare istanza di rateizzazione. Altrimenti il concessionario potrà intraprendere l’azione esecutiva contro il contribuente.
Come detto all’inizio, la facoltà per l’Agenzia Entrate Riscossione di pignorare i beni, mobili e immobili, del debitore, o i suoi crediti presso terzi (ad es. lo stipendio e il trattamento previdenziale) soggiace ad alcuni limiti. Ne parleremo ora.
Limiti al pignoramento da parte degli uffici della Riscossione
Sintetizziamo di seguito quali sono questi limiti, facendo le opportune distinzioni:
- quanto ai beni immobili, sono da ritenersi pignorabili per:
- debiti accumulati per un valore totale maggiore di 120mila euro,
- tuttavia non si può pignorare la prima casa, se questa è il solo immobile del soggetto pignorato e in cui egli ha fissato la sua residenza effettiva (a meno che non bene di lusso, e ci riferiamo alle categorie no A/1, A/8 e A/9 di cui al catasto);
- in riferimento ai beni mobili (come ad es. arredi, bracciali, gioielli e così via) sono impignorabili gli oggetti domestici che servono alla sopravvivenza e tutti i beni contenuti nell’elenco dell’art. 514 del Codice di procedura civile, perciò a questo articolo occorre fare riferimento per capire qual è il limite al pignoramento.
- quanto ai crediti presso terzi, in particolare gli stipendi e le pensioni sono pignorabili su iniziativa di Agenzia Entrate Riscossione:
- entro un decimo se non superano i 2.500 euro, per 1/7 se giungono a 5mila euro e per un quinto al di sopra di detta cifra;
- per quanto riguarda le pensioni, esse sono tutelate anche dal limite di pignorabilità del minimo vitale. Nel 2023 è pari a mille euro. Al di sopra di questa soglia può essere pignorata l’eccedenza nei limiti del quinto.
Infine ricordiamo che in base alla legge vigente e alla giurisprudenza è da considerarsi escluso dal pignoramento anche il reddito di cittadinanza, ormai prossimo ad essere sostituito da un nuovo sussidio. In particolare dallo scorso anno è stato espressamente incluso nell’insieme dei crediti impignorabili.